giovedì 10 ottobre 2013

Premio Nobel per la Letteratura 2013

Alice Munro,  scrittrice canadese di 82 anni, è la vincitrice del Premio Nobel per la letteratura.  Incredibilmente, i giurati dell’Accademia Svedese non sono riusciti a contattarla telfonicamente e hanno dovuto lasciarle un messaggio in segreteria.

E’ stata definita “master of the contemporary short story”:

“I want to tell a story, in the old-fashioned way — what happens to somebody — but I want that ‘what happens’ to be delivered with quite a bit of interruption, turnarounds, and strangeness. I want the reader to feel something is astonishing — not the ‘what happens’ but the way everything happens. These long short story fictions do that best, for me.”

“Voglio raccontare una storia, alla vecchia maniera- qualcosa che succede a qualcuno- ma voglio che quel ‘qualcosa che succede’ sia  espresso con un po’ di interruzioni, cambi di direzione, e stranezze. Voglio che il lettore senta che ci sia qualcosa di sbalorditivo- non nel ‘qualcosa che succede’ ma nel modo in cui tutto succede.  E sono i racconti lunghi a permettermelo al meglio.”

Dall’età di 14 anni ha sempre saputo di voler fare la scrittrice ed è la tredicesima donna e la prima canadese ad ottenere questo riconoscimento.

"A story is not like a road to follow... it's more like a house. You go inside and stay there for a while, wandering back and forth and settiling where you like and discovering how the room and corridors relate to each other, how the world outside is altered by being viewed from these windows. And you, the visitor, the reader, are altered as well by being in this enclosed space, wheter it is ample and easy or full of crooked turns, or sparsely or opulently furnished. You can go back again and again, and the house, the story, always contains more tha you saw last time. It also has a sturdy sense of itself of being built out of its own necessity, not just to shelter or beguile you."

“Una storia non è come una strada da seguire… è più come una casa. Entri e ci resti per un po’, camminando avanti e indietro, fermandoti nei posti che preferisci, e scoprendo come le stanze e i corridoi siano posizionati tra di loro, come il mondo là fuori sia alterato per il fatto che lo guardi attraverso le finestre. E tu, il visitatore, il lettore, vieni anche tu alterato dal fatto di essere in questo spazio chiuso, che sia ampio e aperto o pieno di curve strette, arredato in modo semplice o opulento. Puoi sempre tornare indietro e la casa, la storia, contengono sempre più di quello che avevi visto l’ultima volta. Inoltre hai sempre la sensazione che sia stata costruita per se stessa, che abbia un proprio significato a prescindere da te, non esiste solo per proteggerti o divertirti.”


Glacialis

martedì 11 giugno 2013

Joyland, Stephen King



Titolo: Joyland
Autore: Stephen King
Prezzo: € 19.90 Cartaceo
Pagine: 351
Editore: Sperling & Kupfer
Collana: Pandora


TRAMA

Estate 1973, Heavens Bay, Carolina del Nord. Devin Jones è uno studente universitario squattrinato e con il cuore a pezzi, perché la sua ragazza lo ha tradito. Per dimenticare lei e guadagnare qualche dollaro, decide di accettare il lavoro in un luna park. Arrivato nel parco divertimenti, viene accolto da un colorito quanto bizzarro gruppo di personaggi: dalla stramba vedova Emmalina Shoplaw, che gli affitta una stanza, ai due coetanei Tom ed Erin, studenti in bolletta come lui e ben presto inseparabili amici; dall'ultranovantenne proprietario del parco al burbero responsabile del Castello del Brivido. Ma Dev scopre anche che il luogo nasconde un terribile segreto: nel Castello, infatti, è rimasto il fantasma di una ragazza uccisa macabramente quattro anni prima. E così, mentre si guadagna il magro stipendio intrattenendo i bambini con il suo costume da mascotte, Devin dovrà anche combattere il male che minaccia Heavens Bay. E difendere la donna della quale nel frattempo si è innamorato.



LA MIA RECENSIONE


"Erano ragionamenti stupidi ed immaturi, le fantasie di un ragazzo con troppa immaginazione e il cuore spezzato... O almeno me la racconto così dopo un bel po' di anni, ma chi può dirlo? Quando c'è in ballo il passato, tutti diventiamo romanzieri."


Joyland è il mio secondo approccio (e mezzo) con il RE, Stephen King; il primo l’ho avuto con “Dolores Claiborne”, il “mezzo” con “La bambina che amava Tom Gordon” (libro che devo ancora terminare). So bene che devo farmi una cultura su King, ma diciamo che prediligendo i classici, non ho mai avuto l’occasione di inoltrarmi in romanzi come It, Shining o Misery, per dirne alcuni, ma li voglio leggere, anche se conto di farlo in orari con parecchia luce.
Joyland, è una sorta di giallo anche se, come è giusto che sia per King, ha anche delle piccole sfumature horror, sfumature per le quali, ho avuto il timore di alzarmi dal letto la notte, era come se mi sentissi "osservata".
La storia, ambientata nei primi anni settanta, viene narrata in prima persona dal protagonista, Davin Jones per cui lascia poco spazio all’immaginazione sulla sorte dello studente universitario, alle prese con la prima delusione d’amore e con un nuovo incarico presso Joyland, un luna park ubicato nella Carolina del Nord, proprio affacciato sull’oceano atlantico.
Attraverso un non troppo anziano “Jonesy”, così rinominato da alcuni membri dello staff di Joyland (ma anche Bamboccio), veniamo alla conoscenza di altri personaggi più o meno piacevoli; il mio preferito è senza dubbio Mike Ross, ragazzino debole nel fisico ma con un cuore talmente grande, da riuscire a riscaldare anche quello della sua stessa madre, fredda come un ghiacciolo; il meno piacevole? Difficile dirlo, perché in realtà i personaggi sono stati creati tutti ad hoc, con un loro carattere più o meno approfondito; a dire il vero, avrei preferito che alcuni fossero stati descritti più ampliamente, tipo Fortuna la veggente, che a tratti mi ha ricordato la Cooman (temo che vedrò una Cooman in ogni libro a venire, ove sia presente una veggente) e a proposito di Cooman, fa piacere leggere che King, abbia inserito alcune righe dedicate al mondo di Hogwarts, senza contare il fatto che Davin, durante la storia, è alle prese con la lettura del capolavoro di Tolkien, “Il signore degli anelli”.
Cosa ho apprezzato molto in questo romanzo? I ricordi. Già, proprio loro, gli onnipresenti simboli vitali della vita di ognuno. Cosa saremmo, tra l’altro senza essi? Forse niente.
Dav, ci racconta i suoi ventuno anni attraverso gli occhi di un uomo che non riesce a staccarsi dal passato, soprattutto da quel passato il quale, tra profumi e balocchi, mi ha fatto tornare alla mente un certo luna park oramai in disuso a Roma, il Luneur, con i suoi cavalli, i suoi tiro a segno e la sua casa dell’orrore e chissà se, come è scritto nel libro, Non esiste parco divertimenti degno di questo nome senza un fantasma.”
Un’altra cosa che ho ammirato nella trama, è l’amore che la fa da padrone, ma non solo quello tra due amanti, ma anche quella di una madre verso un figlio o di un proprietario di novant’anni verso il suo parco giochi o semplicemente di Davin verso i suoi ricordi.

Le sfaccettature racchiuse in queste pagine sono molte, si sorride, si pensa, si soffre e, anche, si piange, quindi sicuramente non ci si annoia mai, anche se gli amanti dell’horror potrebbero non apprezzare a pieno il fatto che i momenti di suspance siano pochi (magari abituati ad opere come It, potrebbero rimanere delusi), ma le pagine scorrono velocemente, la storia prende ed è difficile trovare il coraggio di chiudere il libro, o perlomeno, per me è stato così.
Concludo scrivendo che lo consiglio certamente anche a chi, come me, non ha una grande cultura su King, ma d'altronde se è il RE, non sarà certo solo per il cognome. ;)

Buona lettura a tutti.
Alla prossima. 
Q.


VOTO



lunedì 27 maggio 2013

Fai bei sogni (Massimo Gramellini)

Questa recensione è stata scritta da Agostina, una nostra compagna Corva. :) 
Grazie mille per avercela "donata".


Titolo: Fai bei sogni
Autore: Massimo Gramellini
Prezzo: € 14,90, Rilegato
€ 9,90 E-book
Pagine: 209
Editore: Longanesi
Collana: La Gaja scienza




Se dal basso della mia esperienza di lettrice onnivora dovessi indicare il libro che ha segnato il 2012 italiano, quello sarebbe sicuramente “Fai bei sogni” di Massimo Gramellini.
Lo conoscevo e stimavo già come editorialista, leggendo già da tempo i suoi corsivi (quasi) giornalieri , i “Buongiorno”, su La Stampa, ma non avrei mai immaginato quale esperienza di vita si celasse dietro l’uomo Gramellini.
Ho scoperto questo libro grazie a una SPLENDIDA INTERVISTA
 a Che Tempo Che Fa il 4/03/12 e neanche il tempo che questa fosse finita e avevo già deciso che l’avrei letto. Non me ne pentii.

“Fai Bei Sogni” è la storia di un bambino la cui madre l’ha lasciato troppo presto e che riesce a diventare un adulto maturo, responsabile ed equilibrato nonostante la carenza di una figura femminile nell’infanzia (e l’eccesso di figure femminili nella gioventù).
Questa, però, è anche la storia di come un uomo rimasto orfano da piccolo viene a scoprire la verità sulla morte della madre a più di quarant’anni e di come il nostro inconscio riesca a tenerci all’oscuro di ciò che sappiamo, ma che non riusciamo a dirci.

Tra tate anaffettive, padri ultrà granata, una tragica e commovente storia di guerra, sedute di training autogeno, ricerca della spiritualità unita a cinismo, massime di frati stoici, cadute e capacità di risollevarsi Gramellini ci porta all’interno della sua vita senza patetismi in un reale romanzo di formazione tutto interiore.
Un vero e proprio vortice di emozioni che ti lascia senza fiato scritto da un uomo che “ha un cervello a forma di cuore”, parola di una sua lettrice.

Lasciatemi concludere con un ultimo motivo per cui essere grati all’autore di questo libro: se nel 2012 nel resto del mondo il caso editoriale è stata la trilogia delle “Cinquanta sfumature di” , in Italia a fare record di vendite con oltre un milione di copie vendute -solo nel nostro paese- è stato proprio “Fai Bei Sogni”:  gran bel gap culturale!


VOTO:

martedì 21 maggio 2013

Nuovi titoli libri Newton Compton Editore, collana LIVE a 0,99 centesimi!

Ciao a tutti! 
E' veramente tanto, troppo tempo che non ci sentiamo e quindi scusate la latitanza, ma noi tre postiamo molte cose su facebook, perché l'approccio è sicuramente più diretto rispetto al blog.

Oggi, sono qui per indicarvi i nuovi libri della Newton, quelli a 0,99 centesimi, che stanno spopolando oramai dappertutto. 
Ammetto la mia smania per questi nuovi titoli, sono stupendi, uno più bello dell'altro e non vedo l'ora che arrivi il trenta! 

Ed eccoli qua i nostri futuri nuovi gioiellini! 



13. Uno, nessuno e centomila, di Luigi Pirandello;
14. I dolori del giovane Werther, di Johann Wolfang Goethe
15. Sherlock Holmes - Uno studio in rosso, di Artthur Conan Doyle
16. La lama del rasoio, Massimo Lugli
17. Aforismi, di Oscar Wilde
18. Una stanza tutta per sé, di Virginia Woolf
19. Il libro del Tao, di Lao-Tzu
20. Il profeta, di Kahlil Gibran
21. La metamorfosi, di Franz Kafka
22. Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde, di Robert Louis Stevenson
23. Cuore di cane, di Michail A. Bulgakoc
24. La casa stregata, di Howard P. Lovecraft

Che cosa ve ne pare? Alcuni li ho già letti, ma sono talmente belli in libreria, che li prenderò (nuovamente) tutti quanti. Ora non ci resta che aspettare il trenta, ma sono sicura che questi nove giorni voleranno. 

A presto!

-Q-


P.S. Sembra che alla fiera del libro di Torino, siano già stati svelati i prossimi dodici titoli (anche se ancora non è stato detto quando usciranno), io li posto, poi per la conferma ci sentiamo più avanti.  


- Il principe, Niccolò Macchiavelli
- Picole bugie tra amiche, Daniela Farnese
- Sogni di sangue, Lorenza Ghinelli
- L'anticristo, Friedrich Nietzsche
- Storia di una capinera, Giovanni Verga
- La signora delle camelie, Alexandre Dumas
- I quattro pilastri della saggezza, Buddha
- Candido, Voltaire
- Cuore di tenebra, Joseph Conrad
- L'origine delle specie, Charles Darwin
- L'arte di ottenere ragione, Arthur Schopenhauer

lunedì 15 aprile 2013

Acquisti librosi


Buongiorno e buon lunedì a tutti! :)
Passato bene il week-end?
Sabato sono andata alla libreria Giunti della mia città ed ho comprato "Wildwood - Nelle profondità del bosco proibito", il secondo libro di una trilogia edita da Salani Editore. Il primo non mi ha molto entusiasmata, pochi colpi di scena per quel che mi riguarda, ma la storia è stata piacevole, quindi ho decido di leggere anche il seguito e per ora (ho letto solo pochi capitoli) non è male. Poiché, poi, ho preso anche un altro libro da regalare, mi hanno dato il "Gratta & Leggi" (guarda QUI) e, dopo tre anni che ci provo, finalmente ho vinto la gift carda da venti euro! *^* Me felice! Ora devo solo decidere che libro acquistare. 
Avete suggerimenti?
Ci sentiamo dopo per una nuova iniziativa.
Buon proseguimento.
Q.

mercoledì 10 aprile 2013

W... W... W... Wednesday #3


Oggi è mercoledì, quindi "W... W... W... Wednesday".
In cosa consiste?
E' molto semplice, dovete solo rispondere alle seguenti domande:

1) What are you currently reading? 
Cosa stai leggendo adesso?
2) What did you recently finish reading? 
Cosa hai appena finito di leggere?
3) What do you think you'll read next?
 Quale sarà il prossimo libro che leggerai?


Cosa stai leggendo ora?

 

Continua la mia lettura dei Newton Compton, con "L'arte di essere felici" di Seneca e della collana di "Una serie di sfortunati eventi", di Lemony Snicket. Anche quest'altro volume mi sta lasciando un po' sgomenta, troppa cattiveria verso quei bambini.


Cosa hai appena finito di leggere?




Ho letto "Serena" di Sergio Bambarén e "Chocolat" di Joannen Harris.  Quest'ultimo è il libro che mi è capitato tramite l'evento mensile di Guardare di quante pagine è un libro quando si inizia a leggerlo, quello che vi ho accennatto la scorsa settimana. Purtroppo, però, mi ha delusa, spero di riuscire a fare una recensione a breve così da sottolineare le mie perplessità. Ammetto di aver preferito di gran lunga il film.


Quale sarà il prossimo libro che leggerai?


"Le affinità elettive", di Wolfgang Goethe. Purtroppo ancora non ho avuto il piacere di leggerlo, quindi ne approfitto in questo momento di ispirazione.


Quali sono stati invece i vostri libri?
Alla prossima. 
Q.










lunedì 8 aprile 2013

"Quel libro tradisce mia figlia"

Siamo venute a conoscenza di un fatto che riguarda Alessandro D'Avenia, autore di "Cose che nessuno sa" e "Bianca come il latte, rossa come il sangue", ed è proprio di quest'ultimo libro che vogliamo parlare, perché sembra (da come si legge nel testo sotto), che l'autore abbia speculato su una disgrazia capitata ad una ragazza, deceduta a seguito di un tumore. Ma leggete tutta la storia, così potete farvi un'idea.
Premessa: né io (Q), né J, abbiamo letto il libro, quindi non sappiamo se ci sono realmente delle attinenze.



«Quel libro tradisce mia figlia»

Parla la mamma della ragazza, uccisa da un tumore, che ha ispirato D' Avenia Carattere Lei era una ragazzina solare. Senza preclusioni per nessuno. Piena d' amore. Non aveva paura di niente.

Per gli altri è un caso editoriale. Per lei il dolore di una storia personale «tradita». Sua figlia, Irene, è morta a 15 anni di tumore. Alessandro D' Avenia, ispirandosi alla sua vicenda, ha scritto Bianca come il latte, rossa come il sangue (Mondadori). «Senza consultare né me, né i compagni di classe di Irene che si erano confidati con lui nei giorni in cui temporaneamente era il loro insegnante al liceo Dante di Roma», spiega Francesca Bartolucci, la madre. Lei non vuole entrare in polemica con l' autore («Mi ha scritto "abbi pietà di me" e, nonostante lo avessi cercato più volte, non mi ha incontrata»). Ma vuole difendere «la memoria di Irene e la sua storia: anche le vite brevi possono avere un grande senso». Eccola. «Irene è arrivata che ero ancora al liceo. L' ho voluta tenere contro tutti. Contro suo padre. Contro il mio. Ed è stato bellissimo. Siamo cresciute insieme. Ho fatto la maturità con lei. All' università portavo i libri nella carrozzina. Ho dato l' esame della patente con lei. E insieme siamo venute via da Ferrara e arrivate a Roma, dove ho iniziato a lavorare con l' uomo che sarebbe diventato mio marito». Francesca sorride e allunga gli occhi. È uno sguardo innamorato. Non disperato. Spiazza. Lei intuisce e spiega perché: «Irene era strafelice della vita. Una ragazzina solare. Senza preclusioni per nessuno. Senza sospetti. Piena d' amore. Guardandola pensavo: ci sono bimbe con storie lineari piene di ansie. Lei non aveva paura di niente. Tantissime amiche. Felicissima di avere avuto un altro fratello. La sorellina era stata la gioia più grande. Poi il piccolino». «Era anche molto carina. Con quei capelli rossi, lunghi. Il sorriso che l' accendeva. Avevo mantenuto il rapporto madre-figlia. Ma eravamo anche amiche. Ascoltavamo la stessa musica. E alle compagne con un problema diceva: dillo a mia madre, lei ti capisce». L' ha capita, Francesca. Quella figlia «che apriva a tutti le porte, anche quella del dolore». «All'inizio lei pensava fosse un' influenza. Ma il mal di testa non passava. Con la risonanza magnetica la diagnosi: un tumore al cervello e quattro mesi di vita. Me l' hanno detto lì. Di colpo. È come avere una palla di cristallo che ti si rompe tra le mani. Senti che la tua vita, non è più tua. Irene era fuori. Per proteggerla le ho detto: "Non è nulla"». Ma Irene no. Non l' ha tenuto per sé. Da subito, l' ha vissuto alla sua maniera. Francesca si illumina d' orgoglio: «Una forza d' animo eccezionale. Dopo la prima operazione, 10 giorni dopo la diagnosi, ha capito. Era in parte paralizzata. Ma ha creato un circuito con tutti gli amici. Non l' hanno lasciata mai sola. In rianimazione le facevano le guardie. Nell'hospice di Antea, gli ultimi giorni, le andavano a suonare "Piccola stella senza cielo" di Ligabue. Ancora fanno da baby-sitter ai suoi fratellini. Irene parlava con loro. Piangeva anche. (Con me non l' ha mai fatto). Condividevano tutto. E dopo l' intervento ha ripreso a camminare. A scrivere. È tornata a scuola e il preside le ha fatto ridipingere l' aula tutta colorata. Lei nello studio non era un granché, ma amava l' arte, i quadri, il teatro. Per questo poi la scuola, insieme al Festival di Ravello, le ha intitolato un premio teatrale. Era curiosa. Creativa. Piena di vita». Torna a sorridere, Francesca. Non pronuncia mai la parola morte. Né la parole fine. Ma vita sì. «Me lo ha insegnato lei. Irene sapeva dare senso alla vita. È come se hai una telecamera fissa su un albero. Poi allarghi il campo e scopri tutta la vita del bosco che c' è attorno. Lei era così. Dava importanza a tutto. E facevamo di tutto». Di tutto? «Ma sì. Anche cose pazze. Persino affittare una macchina blu con l' autista per portarla in via Condotti per negozi, quando aveva detto: "Li rivedrò mai?". O portarla a mangiare pasta alle vongole in riva al mare. O mandare a quel paese a squarciagola l' autobus che la portava a scuola». Ma era un senso profondo quello che Irene aveva dato agli ultimi, pazzi, giorni. È questo il punto più delicato per Francesca. Quello più «mistificato» dal romanzo: «Non era un quadretto alla Tre metri sopra il cielo. Le domande importanti questi ragazzi le facevano. Irene, alle amiche, chiedeva: "Perché è capitato a me?". E da me venivano per chiedere: "Ma Dio esiste davvero?". Insieme abbiamo trovato le risposte. Abbiamo anche tanto pregato insieme. Ma la visione semplicistica del libro è distorta. Per tutti è stato un percorso di crescita. Non un insieme di paradigmi morali e frasi fatte». E mentre si affanna per spiegarlo, per la prima volta, gli occhi di Francesca si riempiono di lacrime. RIPRODUZIONE RISERVATA L' autore Alessandro D'Avenia, 32 anni, insegna lettere in un liceo di Milano. È anche sceneggiatore. Il suo romanzo d' esordio Bianca come il latte, rossa come il sangue è uscito a fine gennaio da Mondadori * * *
Piccolillo Virginia
Pagina 39
(10 febbraio 2010) - Corriere della Sera

Incolliamo anche un testo sempre pervenuto in rete:
"Questo è ciò che ci ha confidato un'amica in un gruppo privato con la promessa di spargere la voce. Io lo sto facendo e continuerò a farlo. Lei si chiama Alessandra Rivalta e la sua migliore amica (la ragazza che D'Avenia ha fatto diventare Beatrice) si chiamava, anzi si chiama, perché non voglio parlare al passato, Irene Ravera. Il liceo in cui D'Avenia ha fatto supplenza è il Dante Alighieri di Roma."
"Nel 2004 una ragazza si ammalo' di tumore al cervello. Questa ragazza si chiamava Nene, era la mia migliore amica. La persona che amavo di piu' al mondo. E' morta in 6 mesi, consumata dal suo male. Per sei mesi ho messo in pausa la mia vita per farle da infermiera, stare con lei in tutti i momenti. Io e i suoi amici piu' cari formammo un gruppo di sostegno e, dietro richiesta dei genitori, tenemmo il segreto sulla malattia: aveva sei metastasi al cervello, prognosi di 4 massimo 6 mesi di vita. Andavamo da lei tutti i giorni, le cantavamo con la chitarra, ;e leggevamo i nostri libri preferiti, facevamo programmi per il futuro che sapevamo non si sarebbero mai avverati. In pratica, cercammo di darle i sei mesi piu' belli che potesse avere. Quando e' morta, ovviamente abbiamo dovuto avere anche noi sostegno, eravamo distrutti, chi piu' chi meno. Io ero finita. Io sono Silvia. Nene e' Beatrice. Infatti, pochi mesi dopo la sua morte, nella sua classe di liceo ando' a fare supplenza come professore di filosofia D'Avenia. Spacciandosi per amico dei ragazzi, confessore, cercando di "aiutarli a dare un senso alla loro sofferenza" ascolto' i racconti di tutti noi. Si fece raccontare tutto, nei dettagli. Alcuni anni dopo usci' il libro, e ti assicuro che ci siamo sentiti tutti traditi! Non ha chiesto permesso a nessuno, non ha messo ringraziamenti o note, non ha detto che la sua storia era tratta da una storia vera. La storia che e' parte della mia vita. Che mi ha distrutto e ricostruito e reso quello che sono, Ha preso la sofferenza di un gruppo di ragazzi di 15 anni e ne ha fatto soldi. Non solo, ma lo ha fatto rendendo il libro banale e stereotipico, senza dare alla vicenda la profondita' e il dolore immenso che abbiamo provato. Confrontato, quest'uomo ha detto che non e' vero che ha preso spunto da noi, ma noi sappiamo la verita'. Odio quest'uomo quanto si puo' odiare qualcuno, e se NESSUNO leggesse piu' il suo libro sarei solamente contenta."

Ovviamente noi non sappiamo la verità, quindi non stiamo facendo accuse, quello che ci preme è sapere se questo fatto sia reale o meno. L'unica cosa che ci lascia un po' turbate è questa frase che sta nei ringraziamenti del suddetto libro: "Qualcuno ha detto che i cattivi scrittori copiano, quelli buoni invece rubano. Non so a quale categoria mi assegnerà il lettore, ma certo è che entrambe saltano fuori dal debito verso la vita"... Una precisazione, forse, un po' strana.

Alla prossima.
J., G., Q.